COVID-19:
FLAGELLO E OPPORTUNITÀ
Nessuno di noi avrebbe mai immaginato di trovarsi un giorno nella situazione in cui siamo: esposti a un male misterioso, indifesi, impotenti, precari, costretti a limitare la nostra libertà di movimento, incerti sul futuro che rimane inafferrabile e tenebroso.
Eppure, questa è la nostra reale condizione, una condizione che normalmente cerchiamo di occultare a noi stessi lavorando, producendo, giocando, viaggiando e operando altre attività tese ad nascondere la nostra reale situazione di esposizione alla malattia e alla morte.
Psicologicamente non siamo in grado di reggere all’urto della verità e, allora, cerchiamo di illuderci con i nostri vari deliri di onnipotenza individuali e sociali.
In questi giorni, però, volenti o nolenti siamo chiamati a fare un bagno di verità e di umiltà, e io mi auguro che almeno noi riusciamo ad approfittare di questo tempo e trasformarlo in occasione di vera conversione: tutto è dono.
È un dono la vita, è un dono la normalità, è un dono la salute, è un dono poter vivere in amicizia, è un dono sapere che ci sono persone che studiano, lottano e soffrono per la nostra salute fisica e spirituale.
È un dono poter andare in chiesa a pregare, è un dono poter andare a Messa, è un dono sapere che ci sono dei sacerdoti pronti ad accogliere il nostro peccato…
Oggi molte di queste cose ci sono tolte e noi possiamo scoprirne il valore e la gratuità.
Questa tragedia, questo flagello, deve operare in tutti noi una trasformazione.
Non possiamo più essere come prima, chiusi in noi stessi, pensando solo al nostro benessere materiale.
Una volta superata la prova, dovremmo essere più riconoscenti gli uni gli altri, più generosi, più impegnati nel bene comune, più attenti e responsabili nei confronti del tutto. Più grati di poter aver la fede e il conforto dei Sacramenti.
Utilizziamo come occasione preziosa, come un tesoro, questo tempo di deserto per sentirci tutti uniti, tutti figli di Dio, tutti con gli stessi diritti, tutti con gli stessi doveri.
Proponiamoci di non vivere più come prima, normalmente chiusi in noi stessi e nelle nostre piccole famigliole, ma di volerci pensare tutti come membri di una grande famiglia, cellule di un solo corpo, per usare la metafora paolina.
Il virus cerca il corpo umano: per esso tutti i corpi sono buoni eccetto quelli che hanno un forte sistema immunitario.
Il nostro vero sistema immunitario, dopo, dovrà essere la responsabilità, la solidarietà, la condivisione.
Non vanifichiamo questa opportunità:
Ecco ora il momento favorevole!
Auguro a tutti voi di poter trasformare questo tempo nefasto in tempo di grazia.
Dio vi benedica,
Fra Giuseppe
Eppure, questa è la nostra reale condizione, una condizione che normalmente cerchiamo di occultare a noi stessi lavorando, producendo, giocando, viaggiando e operando altre attività tese ad nascondere la nostra reale situazione di esposizione alla malattia e alla morte.
Psicologicamente non siamo in grado di reggere all’urto della verità e, allora, cerchiamo di illuderci con i nostri vari deliri di onnipotenza individuali e sociali.
In questi giorni, però, volenti o nolenti siamo chiamati a fare un bagno di verità e di umiltà, e io mi auguro che almeno noi riusciamo ad approfittare di questo tempo e trasformarlo in occasione di vera conversione: tutto è dono.
È un dono la vita, è un dono la normalità, è un dono la salute, è un dono poter vivere in amicizia, è un dono sapere che ci sono persone che studiano, lottano e soffrono per la nostra salute fisica e spirituale.
È un dono poter andare in chiesa a pregare, è un dono poter andare a Messa, è un dono sapere che ci sono dei sacerdoti pronti ad accogliere il nostro peccato…
Oggi molte di queste cose ci sono tolte e noi possiamo scoprirne il valore e la gratuità.
Questa tragedia, questo flagello, deve operare in tutti noi una trasformazione.
Non possiamo più essere come prima, chiusi in noi stessi, pensando solo al nostro benessere materiale.
Una volta superata la prova, dovremmo essere più riconoscenti gli uni gli altri, più generosi, più impegnati nel bene comune, più attenti e responsabili nei confronti del tutto. Più grati di poter aver la fede e il conforto dei Sacramenti.
Utilizziamo come occasione preziosa, come un tesoro, questo tempo di deserto per sentirci tutti uniti, tutti figli di Dio, tutti con gli stessi diritti, tutti con gli stessi doveri.
Proponiamoci di non vivere più come prima, normalmente chiusi in noi stessi e nelle nostre piccole famigliole, ma di volerci pensare tutti come membri di una grande famiglia, cellule di un solo corpo, per usare la metafora paolina.
Il virus cerca il corpo umano: per esso tutti i corpi sono buoni eccetto quelli che hanno un forte sistema immunitario.
Il nostro vero sistema immunitario, dopo, dovrà essere la responsabilità, la solidarietà, la condivisione.
Non vanifichiamo questa opportunità:
Auguro a tutti voi di poter trasformare questo tempo nefasto in tempo di grazia.
Dio vi benedica,
Fra Giuseppe
Ero in attesa del pensiero di Padre Giuseppe …
Ecco è arrivato.
Grazie Padre
parole sante parole che condivido in tutto e per tutto.
Grazie Signore di averci donato padre Giuseppe questo tuo apostolo che cerca di alleviare i nostri tormenti, le nostre paure. grazie grazie grazie infinitamente grazie.
Grazie padre Giuseppe,
hai scritto una cosa giustissima: non siamo preparati a reggere l’urto della verità, e tra queste verità ce ne sono due fondamentali: la prima è che siamo mortali, che la morte è l’unica “possibilità autentica”, come scriveva un ateo impregnato di cristianesimo come Heidegger, perché di tutto possiamo dubitare, ma non che il nostro destino (non quello ultimo, s’intende, per chi crede) sia la morte. Eppure è un destino che vogliamo nascondere a noi stessi: anzi, tutta la vita nelle sue varie forme di “di-vertimento” o intrattenimento è un voler eludere la morte per aggrapparsi a una vita che, pur talvolta bella e appagante, viene comunque meno, inesorabilmente.
La seconda verità a cui la morte ci pone di fronte è, come scrivi tu, il nostro “delirio di onnipotenza”, il vederci non come siamo, ma come vorremmo sembrare agli altri e a noi stessi.
Il peccato, insomma, quella chiusura degli orizzonti che così spesso ci imprigiona e non ci fa alzare lo sguardo verso la vita vera, umana o divina che sia.
Spero anch’io che questo bagno di sofferenza ci riporti a essere creature consapevoli della natura effimera di cui sono costituite, e che come creature alzino lo sguardo al cielo, al Creatore che solo può dare sostanza, significato e futuro a quel poco che siamo.
grazie padre Giuseppe, per questa tua riflessione che rivela il tuo modo di concepire la vita e la fede. Ci siamo conosciuti in tempi migliori…. quando forse dieci anni fa hai visitato le Filippine. Il tuo ricordo e’ sempre stato presente in noi e a leggerti oggi ho ritrovato l’uomo e il domenicano appassionato per la verita’. Grazie