RIFLESSIONI

LETTERA AI ROMANI: INTRODUZIONE

LETTERA di san Paolo apostolo ai Romani

Padre Guido Bendinelli OP

Capitolo 1, 1-7

Paolo, servo di Cristo Gesù, apostolo per chiamata, scelto per annunciare il vangelo di Dio – che egli aveva promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sacre Scritture e che riguarda il Figlio suo, nato dal seme di Davide secondo la carne, costituito Figlio di Dio con potenza, secondo lo Spirito di santità, in virtù della risurrezione dei morti, Gesù Cristo nostro Signore; per mezzo di lui abbiamo ricevuto la grazia di essere apostoli, per suscitare l’obbedienza della fede in tutte le genti, a gloria del suo nome, e tra queste siete anche voi, chiamati da Gesù Cristo –, a tutti quelli che sono a Roma, amati da Dio e santi per chiamata, grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo!

È l’inizio della Lettera di san Paolo ai Romani, che in questi giorni ispirerà le nostre riflessioni. L’apostolo, nel rivolgersi ai discepoli che sono a Roma, chiarisce ai loro occhi la sua identità, specificando di essere “servo” di Gesù Cristo, missionario per chiamata, scelto per annunziare il vangelo di Dio.

Ma come – si dirà – non è Paolo l’apostolo che ha predicato che noi cristiani non abbiamo ricevuto uno spirito di schiavitù, ma quello di figli adottivi che grida in noi “Abbà, Padre”, quindi non siamo più servi, ma figli. E altrove Gesù non ha affermato che non vi chiamo più servi, ma amici? Se pertanto Paolo si autodefinisce “schiavo”, compie ciò in vista della imitazione di colui che ha detto: “imparate da me che sono mite e umile di cuore”, io che sono disceso per stare in mezzo a voi non come colui che siede a tavola, ma come colui che serve, perché pur essendo di natura divina ho assunto la forma di servo. Non preoccuparti dunque perché il servizio di Cristo è più nobile di qualsiasi libertà, perché in realtà la nostra vera libertà consiste in questo, nell’essere servi.

Ancora Paolo si riconosce come apostolo per chiamata, scelto per annunciare il vangelo di Dio. Egli era ben consapevole di essere stato convocato da Gesù per una missione, cosa che si ripropone anche per noi con il battesimo, che a sua volta dice la vocazione all’esistenza per annunziare al mondo le grandi opere di Dio e additargli la meta a cui tutti siamo volti, in Cristo e per Cristo. Appello indirizzato all’orecchio di ogni creatura per risvegliarla dal sonno dell’indifferenza e non senso, alla letizia cristiana, voce che rassicura e conforta, per impedire il naufragio nella disperazione. Per di più Paolo proclama di ritenersi un “eletto”, una persona “scelta”, riconosciuta nella sua unicità della chiamata divina. A sottolineare quanto la Provvidenza di Dio non sia mai un rapporto esercitato all’ingrosso, ma sia sempre relazione personale, unica, specifica, come unica e irrepetibile è la nostra relazione con il Signore, che è proprio il mio Dio, che io possiedo e conosco personalmente.

Infine, un’ultima sottolineatura. Paolo intende condurre tutte le genti “all’obbedienza della fede”, all’ascolto e all’affidamento, alla docilità e alla disponibilità, all’esecuzione di quanto suggerito, come condizione di accesso al mistero che solo se vissuto dal suo interno spalanca porte e finestre dell’anima alla luce della comprensione e colloca la persona sulla roccia incrollabile della Parola.

Sentiamoci allora anche noi dei servitori di Gesù, da lui eletti per intrattenere una relazione speciale con Dio, pronti a dire quanto sperimentato e ancor più obbedienti per resistere alle incertezze del mondo, avendo Gesù come pietra angolare su cui essere collocati, per comprendere il segreto della vita che è il Signore e comunicarlo al mondo.

 

 

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La lotta al male e alle passioni

Praticamente tutte le riflessioni e le predicazioni di p. Giuseppe, oltre che una serie di corsi di
spiritualità, contengono stimoli e strumenti finalizzati a:
• favorire la conoscenza di sé
• ingaggiare la lotta al male che c’è in noi e alle nostre passioni
La conoscenza di sé, derivante dal confronto con la Parola di Dio e dalla direzione spirituale e
sostenuta dallo Spirito Santo, progressivamente ci fa prendere consapevolezza dei nostri limiti,
delle nostre paure, delle nostre fragilità/debolezze, che a questo punto possiamo con fiducia
presentare a Gesù affinché vengano sanate.
La lotta al male e alle passioni è stato un punto fondamentale dell’insegnamento di p. Giuseppe, perché sono l’ostacolo concreto e reale tra noi e la salvezza e ci impediscono di affidarci totalmente all’amore di Dio e alla sua provvidenza.
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Araldo del Vangelo

Innamorato della Parola di Dio e della persona di Gesù Cristo, p. Giuseppe si è fatto araldo di questa parola che risuonava nella sua anima come Via, Verità e Vita. All’annuncio della Parola, attraverso la predicazione, gli incontri di spiritualità, la preghiera e, infine, con la fondazione della Comunità Abbà, p. Giuseppe ha dedicato la vita.
Ascoltare le sue predicazioni e le sue meditazioni ha significato per ognuno di noi sentire il Vangelo prendere vita nei nostri cuori e il desiderio di trasmettere a nostra volta la bellezza di ciò che ascoltavamo, che ha riempito il nostro cuore di gioia e che ha dato alla nostra vita un senso autentico!

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Accogliere la Salvezza

Intimamente connesso all’amore per Cristo, per tutta la sua attività pastorale, con particolare intensità negli ultimi anni della sua vita terrena, per p. Giuseppe c’è stato lo sforzo costante di cercare di aiutare quanti si rivolgevano a lui, o ascoltavano le sue predicazioni, a comprendere che cosa impedisce di accogliere concretamente la salvezza che Gesù ha portato.
Credenti, che nonostante la frequentazione dei sacramenti, la preghiera, i pellegrinaggi, la devozione non riescono a vivere nella gioia e nell’amore e nella libertà dei figli di Dio, non riescono ad accogliere se stessi e gli altri, non riescono a vincere il proprio carattere e le proprie inclinazioni naturali, non riescono a perdonare e a perdonarsi, non riescono a distaccarsi dalle cose materiali e dalle suggestioni di questo mondo.