RIFLESSIONI

DICIAMO PADRE PERCHÉ …

Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. (Vangelo di Matteo)

Diciamo Padre, non padrone, tremendo, fascinoso e terrificante, ma usiamo l’espressione più intima, Abbà, con cui il Figlio per essenza si rivolge al suo Genitore e chiama noi, figli adottivi, a fare altrettanto.

Diciamo Padre, perché Dio ha inteso farci a immagine e somiglianza sua, portatori di un indistruttibile patrimonio genetico, che rende tutti noi simili a lui e quindi vocati a realizzare in noi l’impronta originaria.

Diciamo Padre, perché impariamo a vivere da fratelli, che si riconoscono tali, in quanto generati dalla stessa fonte e tratti dalla stessa roccia.

Diciamo Padre perché Dio non è lontano, ma vicino, prossimo, pronto a piegarsi su noi, sollevarci sulle braccia e mostrarci, dall’altezza della sua posizione, la verità sul mondo, su noi, sull’uomo

Diciamo Padre, perché Dio si adatta ai nostri modi, si rinchiude nelle nostre parole, balbetta come noi, per farsi intendere da creature simili a fanciulli che stentano a parlare.

Diciamo Padre, perché Dio sopporta le nostre ragazzate, come un Padre è solito compiere a riguardo dei suoi figli, tutti indistintamente assimilati al figliol prodigo che esce di casa o al figlio maggiore, che ha continuato a vivere nella dimora paterna senza convinzione e senza amore.

Diciamo Padre, perché chiamati a condividere la eredità paterna, consistente in quel regno, che proprio nella preghiera del Pater chiediamo con insistenza.

Diciamo Padre, perché chiamati a condividere, oltre ai beni dell’eredità paterna, anche la responsabilità della sua amministrazione, di cui diveniamo custodi, annunciatori, servitori e missionari e non soltanto passivi fruitori.

Diciamo, “Padre nostro” e non “padre mio”, perché chiamati a invocare Dio come Chiesa, santa convocazione, popolo di fratelli, che tanto più saranno esauditi, quanto più vivranno il perdono e la misericordia reciproca, come ripetiamo, “rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori”.

Che la preghiera del Padre nostro sia la nostra invocazione, la nostra compagnia, il nostro conforto, il nostro impegno, la nostra attesa.

P. Guido Bendinelli OP

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La lotta al male e alle passioni

Praticamente tutte le riflessioni e le predicazioni di p. Giuseppe, oltre che una serie di corsi di
spiritualità, contengono stimoli e strumenti finalizzati a:
• favorire la conoscenza di sé
• ingaggiare la lotta al male che c’è in noi e alle nostre passioni
La conoscenza di sé, derivante dal confronto con la Parola di Dio e dalla direzione spirituale e
sostenuta dallo Spirito Santo, progressivamente ci fa prendere consapevolezza dei nostri limiti,
delle nostre paure, delle nostre fragilità/debolezze, che a questo punto possiamo con fiducia
presentare a Gesù affinché vengano sanate.
La lotta al male e alle passioni è stato un punto fondamentale dell’insegnamento di p. Giuseppe, perché sono l’ostacolo concreto e reale tra noi e la salvezza e ci impediscono di affidarci totalmente all’amore di Dio e alla sua provvidenza.
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Araldo del Vangelo

Innamorato della Parola di Dio e della persona di Gesù Cristo, p. Giuseppe si è fatto araldo di questa parola che risuonava nella sua anima come Via, Verità e Vita. All’annuncio della Parola, attraverso la predicazione, gli incontri di spiritualità, la preghiera e, infine, con la fondazione della Comunità Abbà, p. Giuseppe ha dedicato la vita.
Ascoltare le sue predicazioni e le sue meditazioni ha significato per ognuno di noi sentire il Vangelo prendere vita nei nostri cuori e il desiderio di trasmettere a nostra volta la bellezza di ciò che ascoltavamo, che ha riempito il nostro cuore di gioia e che ha dato alla nostra vita un senso autentico!

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Accogliere la Salvezza

Intimamente connesso all’amore per Cristo, per tutta la sua attività pastorale, con particolare intensità negli ultimi anni della sua vita terrena, per p. Giuseppe c’è stato lo sforzo costante di cercare di aiutare quanti si rivolgevano a lui, o ascoltavano le sue predicazioni, a comprendere che cosa impedisce di accogliere concretamente la salvezza che Gesù ha portato.
Credenti, che nonostante la frequentazione dei sacramenti, la preghiera, i pellegrinaggi, la devozione non riescono a vivere nella gioia e nell’amore e nella libertà dei figli di Dio, non riescono ad accogliere se stessi e gli altri, non riescono a vincere il proprio carattere e le proprie inclinazioni naturali, non riescono a perdonare e a perdonarsi, non riescono a distaccarsi dalle cose materiali e dalle suggestioni di questo mondo.