RIFLESSIONI

DOMANDE DI DIO, DOMANDE A DIO

Antonio Buozzi

La  Bibbia –  la Rivelazione –   è una conversazione ininterrotta tra Dio e l’uomo, uno spazio aperto in cui ogni domanda e tentativo di  risposta aggiungono una piccola luce, per se stessi e per gli altri, senza mai arrivare a una conclusione, perché  le conversazioni non hanno una conclusione, si interrompono e poi riprendono. Come la corrispondenza via mail nei due anni del Covid tra due domenicani, lontani fisicamente (ma vicini nello spirito) e negli anni: Timothy Radcliffe, già Maestro generale dell’Ordine, e Lukasz Popko, professore a Gerusalemme all’École biblique et archéologique,  da cui è nato un libro prezioso, Domande di Dio, domande a Dio – In dialogo con la Bibbia, edito da Libreria Editrice Vaticana. Domande, quindi, dell’uomo  a Dio, ma anche di Dio all’uomo, come la prima e fondamentale, in Genesi 3: “Dio chiamò l’uomo e gli disse: “Dove sei?». E’ la prima volta che Dio si rivolge all’uomo nella Bibbia con il proposito di ottenere da lui una risposta. Prima, nota Popko, non ce n’era bisogno: Dio e l’uomo vivevano in una sorta di comunione naturale nel paradiso. Ma dopo la caduta non più. “Dio rivela la condizione paradossale di ogni vero dialogo: c’è bisogno di parlare perché esiste una distanza tra i parlanti”.

Innanzi tutto, è’ strano che l’onnisciente creatore chieda all’uomo “dove sei?”.  Dovrebbe saperlo, no? Ma quello che Dio cerca è l’uomo come l’aveva creato, secondo il suo progetto, non decaduto dalla grazia. Quell’uomo di cui aveva detto: “è cosa molto buona”, non c’è più, e Dio allora lo cerca, come da allora continua a fare. Con l’intento che la domanda ne inneschi un’altra in Adamo ed Eva: dove siamo noi ora? Che cosa abbiamo fatto del dono della nostra vita? E’ interessante che il «dove» sia proprio quello che i primi futuri discepoli chiedono a Gesù secondo il vangelo di Giovanni: “Rabbì, dove abiti?”. Per conoscersi e amarsi bisogna prima trovarsi. Ed ecco qui la reazione positiva dell’uomo che accoglie l’invito del vangelo e vi risponde. Non più le false giustificazioni di Adamo ed Eva, nate da un senso di smarrimento e di colpa, che mirano poi a far ricadere sugli altri… Ma, annota ancora Popko a proposito dei due progenitori: “ La risposta dell’uomo è stata parziale, prevenuta e ancora confusa, e tuttavia, parlando, egli inizia a ricostruire quel mondo che è stato appena frantumato”.

Interessante poi la riflessione di Timothy Radcliffe sui due racconti della creazione, appartenenti a tradizioni  diverse. Si scrive che gli animali e i vegetali nascono dalla terra (adamah, da cui Adam), mentre nel secondo racconto, quello più breve, ‘Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo’. “Noi, creature della terra – osserva Radcliffe – possiamo camminare con Dio ‘nel vento del giorno’ (ruah, spirito), oppure condividere la vita del serpente nella polvere! Essere semplicemente umani non è un’opzione! Possiamo elevarci alla divinità o sprofondare nella sporcizia!” E prosegue ricordando la promessa di Dio ad Abramo: ‘Renderò la tua discendenza come la polvere della terra’. Ecco la buona notizia: “La polvere della terra può trasformarsi in un segno di benedizione. (…) Quindi, qualunque sia la desolazione e l’aridità che incontriamo nella nostra vita, ogni volta che ci sediamo nella polvere come Giobbe, possiamo credere che la benedizione del Signore non è lontana”.

Si conclude qui il capitolo sulla prima domanda, il libro ne contiene diciotto. Per ognuna i due amabili domenicani dialogano con acume teologico e grande rispetto reciproco, quasi che l’atto di ragionare e confrontarsi sulla Rivelazione sia già in sé una ragione sufficiente, come quelle stelle alpine sui dirupi di montagna che nessuno vede ma che portano in loro un raggio della gloria di Dio. Poi non importa quante persone leggeranno il libro: “se avremo cinquecento lettori è già tanto”, ci scherza su padre Popko al Salone del libro di Torino. Una fortuna essere tra quei cinquecento…

 

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La lotta al male e alle passioni

Praticamente tutte le riflessioni e le predicazioni di p. Giuseppe, oltre che una serie di corsi di
spiritualità, contengono stimoli e strumenti finalizzati a:
• favorire la conoscenza di sé
• ingaggiare la lotta al male che c’è in noi e alle nostre passioni
La conoscenza di sé, derivante dal confronto con la Parola di Dio e dalla direzione spirituale e
sostenuta dallo Spirito Santo, progressivamente ci fa prendere consapevolezza dei nostri limiti,
delle nostre paure, delle nostre fragilità/debolezze, che a questo punto possiamo con fiducia
presentare a Gesù affinché vengano sanate.
La lotta al male e alle passioni è stato un punto fondamentale dell’insegnamento di p. Giuseppe, perché sono l’ostacolo concreto e reale tra noi e la salvezza e ci impediscono di affidarci totalmente all’amore di Dio e alla sua provvidenza.
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Araldo del Vangelo

Innamorato della Parola di Dio e della persona di Gesù Cristo, p. Giuseppe si è fatto araldo di questa parola che risuonava nella sua anima come Via, Verità e Vita. All’annuncio della Parola, attraverso la predicazione, gli incontri di spiritualità, la preghiera e, infine, con la fondazione della Comunità Abbà, p. Giuseppe ha dedicato la vita.
Ascoltare le sue predicazioni e le sue meditazioni ha significato per ognuno di noi sentire il Vangelo prendere vita nei nostri cuori e il desiderio di trasmettere a nostra volta la bellezza di ciò che ascoltavamo, che ha riempito il nostro cuore di gioia e che ha dato alla nostra vita un senso autentico!

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Accogliere la Salvezza

Intimamente connesso all’amore per Cristo, per tutta la sua attività pastorale, con particolare intensità negli ultimi anni della sua vita terrena, per p. Giuseppe c’è stato lo sforzo costante di cercare di aiutare quanti si rivolgevano a lui, o ascoltavano le sue predicazioni, a comprendere che cosa impedisce di accogliere concretamente la salvezza che Gesù ha portato.
Credenti, che nonostante la frequentazione dei sacramenti, la preghiera, i pellegrinaggi, la devozione non riescono a vivere nella gioia e nell’amore e nella libertà dei figli di Dio, non riescono ad accogliere se stessi e gli altri, non riescono a vincere il proprio carattere e le proprie inclinazioni naturali, non riescono a perdonare e a perdonarsi, non riescono a distaccarsi dalle cose materiali e dalle suggestioni di questo mondo.