“… E’ morto Biagio Conte… Io l’ho conosciuto tanti anni fa, quasi all’inizio della sua opera. Lui mi ha abbracciato, ci siamo abbracciati. Di quell’incontro io ho il ricordo della luce dei suoi occhi che è rimasta impressa in me. Gli occhi di Biagio Conte erano due fanali! Era qualcosa di incredibile… La luce che è nel tuo cuore si vede…si vede la luce, si vede! Se non si vede, non c’è: in Biagio Conte io questa luce l’ho vista…”
Questa la risonanza immediata di un fratello palermitano della Comunità Abbà alla notizia della scomparsa di Biagio Conte.
Biagio Conte nasce al Cielo in un momento particolarissimo della nostra storia. La pandemia, una guerra devastante, migrazioni bibliche, il Mediterraneo un immenso cimitero. L’unica voce di buon senso, inascoltata dai potenti, quella di Papa Francesco.
Muore Papa Benedetto ed ecco alzarsi il “cicaleccio” della mormorazione e della divisione tra tanti cristiani, promesse di scandali accompagnati dai tragici numeri di una contabilità che ci parla di un cristianesimo in caduta libera.
Ma improvvisa ecco la notizia della morte di Fratello Biagio e l’orologio della Storia blocca per un momento, che sembra eterno, le sue lancette: una lama di luce squarcia la tenebra, e in un attimo è il Vangelo. Solo ed esclusivamente il Vangelo.
Tutto tace, le parole umane tacciono, resta la Parola divina, potente, apodittica:
“Il re dirà loro: in verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, lo avete fatto a me” (Mt 25, 40).
Questo era fratel Biagio, semplice, puro Vangelo, solo Vangelo.
Fratel Biagio sfugge ad ogni logica del nostro tempo. Non è un predicatore youtuber di successo, non è un religioso “social”, non è una macchina da “like”. Non ci sono omelie da condividere, saggi aforismi da inoltrare, gustosi aneddoti da segnalare.
Biagio tiene la sua prima conferenza stampa, testimonia sempre il fratello palermitano, vestendosi un giorno di sacco e incatenandosi davanti al Teatro Massimo di Palermo per denunciare lo scandalo della povertà. E Palermo, naturalmente, lo prende per pazzo.
Ma pazzo era anche un suo lontano fratello, tale Francesco, un semplice laico come lui, anche lui vestito di sacco, che un bel giorno si mette a baciare con amore e per amore, gli ultimi della terra, elevando canti di gioia a Dio Padre. E oggi Palermo venera Biagio come santo.
Fratel Biagio incarna lo scomodo scandalo dell’impossibile per il mondo: lasciare tutto per dare tutto. Ma allo stesso tempo per avere tutto. Di più: “Il” Tutto.
Fratel Biagio è scomodo, ci è scomodo. Presi dalla emozione del momento oggi lo veneriamo, lo santifichiamo, ed è giusto. Ma domani? Che succederà domani, passata l’emozione? Saremo ancora così coinvolti emotivamente e spiritualmente, oppure le orme di quei piedi martoriati saranno spazzate dal vento della nostra piccola umanità pronta a volare di fiore in fiore e a presto dimenticare?
Anche per Biagio, come per tutti i fondatori, si apre per i suoi figli, per i suoi fratelli il tempo nuovo della responsabilità. E’ il momento di raccogliere il testimone, in questo caso rappresentato da un bastone levigato dal vento, da sandali consumati dall’asfalto, ma soprattutto da una carità totale, senza limiti, sconti o alibi.
Non lasceremo soli i figli e i fratelli di Biagio: i nostri fratelli più fragili. Perché anche noi desideriamo il cielo nei nostri occhi.
Comunità Abbà