LETTERA di San Paolo Apostolo ai Romani – 2
Padre Guido Bendinelli OP
Capitolo 1,16-25
Fratelli, io non mi vergogno del Vangelo, perché è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede, del Giudeo, prima, come del Greco. In esso infatti si rivela la giustizia di Dio, da fede a fede, come sta scritto: «Il giusto per fede vivrà».
Infatti l’ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ogni ingiustizia di uomini che soffocano la verità nell’ingiustizia, poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha manifestato a loro. Infatti le sue perfezioni invisibili, ossia la sua eterna potenza e divinità, vengono contemplate e comprese dalla creazione del mondo attraverso le opere da lui compiute.
Essi dunque non hanno alcun motivo di scusa perché, pur avendo conosciuto Dio, non lo hanno glorificato né ringraziato come Dio, ma si sono perduti nei loro vani ragionamenti e la loro mente ottusa si è ottenebrata. Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti e hanno scambiato la gloria del Dio incorruttibile con un’immagine e una figura di uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili.
Perciò Dio li ha abbandonati all’impurità secondo i desideri del loro cuore, tanto da disonorare fra loro i propri corpi, perché hanno scambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno adorato e servito le creature anziché il Creatore, che è benedetto nei secoli. Amen.
San Paolo sta inaugurando la presentazione del suo Vangelo alla Chiesa di Roma e introduce il discorso con una affermazione mozzafiato: non mi vergogno, non arrossisco del Vangelo, perché esso è potenza di Dio per la salvezza di tutti, giudei o pagani. Egli intende dimostrare che la giustificazione non discende dalle opere e osservanze della Legge mosaica, ma dalla fede prestata al messaggio della grazia, così come il profeta ha dichiarato che “il giusto per fede vivrà” (Ab.2,4). Si è graditi a Dio in forza della fede in Lui, così come la vita è donata all’uomo in nome di essa. Dichiarazioni insignificanti per noi? Mere proposizioni teologiche? Dottrine aride e fredde? Nient’affatto, ma messaggio che si pone in presa diretta con la vita di ognuno, perché se le cose stanno così allora non è più consentito all’uomo la disperazione per i fallimenti della sua vita di cristiano. Sì è vero l’ira di Dio grava su un mondo segnato dal peccato e dall’empietà e non vi sarebbe scampo per ogni creatura se il suo desiderio di redenzione fosse consegnato nelle mani della sua buona volontà, delle sue opere e realizzazioni. Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono resi giusti gratuitamente in forza della redenzione di Gesù. Non lasciarti cadere le braccia dunque, alle prese con i tuoi insuccessi, ma riponiti nelle mani di quella grazia, che unica può restituirti la giustizia perduta. Non approfittare certo della misericordia di Dio, ma quando anche peccatore “seriale” sappi che la mano del Signore mai ti abbandonerà e sempre potrà sollevarti!
E perché mai Dio si presterebbe a un simile gioco, di largire costantemente il suo amore a un essere ondivago e incapace di compiere scelte definitive e irreversibili? È mistero che sfugge alle nostre prese, ma in cui forse l’unico spiraglio di luce può consistere in questo; nel porre al bando la presunzione dell’uomo troppo santo! Un essere puro come gli angeli rischierebbe di divenire superbo più dei demoni. Un peccatore recidivo, un uomo sempre incline a rimangiarsi la parola, a svendere la primogenitura per un piatto di lenticchie e consegnare il proprio maestro per trenta denari (ciò che non vorremmo mai essere e che invece siamo), questo soggetto, se solo un poco onesto con sé stesso non potrà che battersi il petto come il pubblicano al tempio ripetendo, “abbi pietà di me che sono un peccatore”, cosa che intenerisce il cuore dell’Altissimo. Meglio per Dio questa tipologia umana, che si apre nell’umiltà all’iniziativa sua, del fariseo che nella sua presunzione non ha più bisogno di Lui, perché redento dalla sua santità.
Troppo comodo è la risposta dell’uomo sedicente adulto, che non ammette tentennamenti e vorrebbe essere tutto di un pezzo, osservando che se così stessero le cose il cristianesimo sarebbe religione che induce alla deresponsabilizzazione, perché tutti potrebbero farla franca, quando svaporassero i confini tra giusti e ingiusti, santi e peccatori.
E invece noi continuiamo a ripetere che questa è la verità dell’evangelo. L’uomo è tenuto a essere responsabile e rimboccarsi le maniche in ogni modo per vincere il male e fare trionfare il bene, ma anche quando animato dalle migliori intenzioni ricadrebbe, come effettivamente ricade, nelle stesse miserie. E se in questi frangenti dolorosi nei quali la vita viene a azzerare l’immagine idealizzata del sé, i suoi sogni di perfezione, per porlo alle prese con le sue nefandezze quotidiane egli non si volge al messaggio della giustificazione per grazia, rischia di gettare la spugna e darsi alla disperazione. No dunque Paolo sta proclamando un messaggio che mi tocca personalmente, perché mi strappa alla presunzione, mi invita all’umiltà e in essa mi apre le porte della grazia e della speranza.