RIFLESSIONI

“Siamo angeli” – dal camice bianco alla sla: testimonianza di un incontro con Dio

P. Guido Bendinelli OP
Mt 11, 25-27

In quel tempo, Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza.
Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo».

Nel passo precedente Gesù era tutto intento a rimproverare le città di Cafarnao, Betsaida, Corazim, perché incapaci di cogliere i segni della sua presenza. In questo è tutto compreso nella lode e nel ringraziamento. Prima preoccupato per la sorte degli increduli, poi esultante per la fede dei piccoli a cui è offerta la rivelazione del Regno.
Il messaggio evangelico è alternativamente monito e gioia, denuncia e soddisfazione. Guai identificarlo unicamente nel momento critico, come nella sola proposta positiva. Esso è lieta notizia, che viene comunque a scuotere il torpore delle nostre coscienze. In questo senso esso è ventata di letizia, che esige sempre un cambiamento interiore.

Non fare del Regno una minestrina riscaldata che a tutto si adatta, ma guardati dal trasformarlo in una pentola di fagioli, di brontoloni indignati su tutto e su tutti, incapaci di gioire come oggi appunto ha fatto Gesù. Vivi la gioia evangelica e impedisci alla tua incredulità di spegnerne la fiamma!!
E per non restare nel teorico vorrei offrire come riflessione un esempio vivente dei nostri giorni, un motivo per il quale Gesù esulta, innalza la sua lode al Padre e noi con Lui.
Mi voglio riferire al caso del dottor Giovanni Ruggeri, chirurgo pediatrico del Sant’Orsola di Bologna, deceduto il 1 Luglio dopo 2 anni di lotta con la SLA. Composto sul letto di morte nel camice da sala operatoria, è stato salutato nel suo passaggio alla vita eterna da una numerosissima folla, fatta non solo di colleghi, ma soprattutto di pazienti, genitori di pazienti, amici, scouts, parrocchiani, ovviamente moglie e i quattro figli. Nel corso di questa celebrazione è stata data lettura di alcuni messaggi, composti per gli amici nei mesi del suo calvario, perché fossero il suo arrivederci nella celebrazione esequiale.

«Lo devo ammettere è stata una malattia insulsa e cattiva semmai ce ne fossero di buone per la sua veloce progressione. Di mattino facevo l’appello e mancava sempre qualche neurone. La cosa più brutta e che non ti lascia un futuro, in cui credere programmare, non c’è speranza.
Ma cantava Dalla “e rinasce un fiore sopra un fatto brutto. Siamo angeli”. Mi sento un po’ come la “finestra sul cortile”. Guardavo, osservavo, come Maria, che da parte sua osservava tutte queste cose meditandole nel suo cuore. Sono grato al Signore di questo periodo in famiglia da “non protagonista” come era sempre stato, per le amorevoli cure dei miei; devo dire che non sono mai mancate. A volte venivo trattato come un bambino, ma ho apprezzato anche questi momenti, e li ringrazio.
Ringrazio tutti voi che siete qui oggi e questo è un altro aspetto positivo, perché è proprio nelle difficoltà che riconosci i veri amici e indubbiamente ho ricevuto più di quel che ho donato.
Un altro aspetto positivo e che ti rendi conto di quali relazioni contano veramente: prima di tutto la famiglia poi il resto; e io mi sento di averla trascurata anche se in parte ho recuperato in questo periodo, a scapito di un lavoro che, pur essendo il migliore del mondo, non mi ha ridato per il tempo dedicato.
Infine questo tempo prediletto mi ha concesso di dedicarmi maggiormente alle “cose del Padre” che poi è il Padre di tutti. Quasi quasi è stato un affare! Avevo intenzione di fare una grande festa per salutarvi tutti. Non un addio ma un arrivederci avevo già pensato a tutto, ma non c’è stato tempo».

Si tratta del lucido messaggio di un uomo, che benché quasi annientato dalla SLA, non ha smarrito la letizia cristiana, che vuole comunque dire a quanti saranno raccolti attorno alle sue spoglie mortali. Sì caro Giovanni, anche la tua SLA è stata un affare e noi in coro ti ripetiamo “arrivederci”, rallegrandoci per le grandi opere che il Signore ha compito in te.

P. Guido Bendinelli OP

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La lotta al male e alle passioni

Praticamente tutte le riflessioni e le predicazioni di p. Giuseppe, oltre che una serie di corsi di
spiritualità, contengono stimoli e strumenti finalizzati a:
• favorire la conoscenza di sé
• ingaggiare la lotta al male che c’è in noi e alle nostre passioni
La conoscenza di sé, derivante dal confronto con la Parola di Dio e dalla direzione spirituale e
sostenuta dallo Spirito Santo, progressivamente ci fa prendere consapevolezza dei nostri limiti,
delle nostre paure, delle nostre fragilità/debolezze, che a questo punto possiamo con fiducia
presentare a Gesù affinché vengano sanate.
La lotta al male e alle passioni è stato un punto fondamentale dell’insegnamento di p. Giuseppe, perché sono l’ostacolo concreto e reale tra noi e la salvezza e ci impediscono di affidarci totalmente all’amore di Dio e alla sua provvidenza.
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Araldo del Vangelo

Innamorato della Parola di Dio e della persona di Gesù Cristo, p. Giuseppe si è fatto araldo di questa parola che risuonava nella sua anima come Via, Verità e Vita. All’annuncio della Parola, attraverso la predicazione, gli incontri di spiritualità, la preghiera e, infine, con la fondazione della Comunità Abbà, p. Giuseppe ha dedicato la vita.
Ascoltare le sue predicazioni e le sue meditazioni ha significato per ognuno di noi sentire il Vangelo prendere vita nei nostri cuori e il desiderio di trasmettere a nostra volta la bellezza di ciò che ascoltavamo, che ha riempito il nostro cuore di gioia e che ha dato alla nostra vita un senso autentico!

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Accogliere la Salvezza

Intimamente connesso all’amore per Cristo, per tutta la sua attività pastorale, con particolare intensità negli ultimi anni della sua vita terrena, per p. Giuseppe c’è stato lo sforzo costante di cercare di aiutare quanti si rivolgevano a lui, o ascoltavano le sue predicazioni, a comprendere che cosa impedisce di accogliere concretamente la salvezza che Gesù ha portato.
Credenti, che nonostante la frequentazione dei sacramenti, la preghiera, i pellegrinaggi, la devozione non riescono a vivere nella gioia e nell’amore e nella libertà dei figli di Dio, non riescono ad accogliere se stessi e gli altri, non riescono a vincere il proprio carattere e le proprie inclinazioni naturali, non riescono a perdonare e a perdonarsi, non riescono a distaccarsi dalle cose materiali e dalle suggestioni di questo mondo.